In quel magico paesino, si era soliti festeggiare l’Equinozio di primavera che rappresenta, come quello d’autunno, uno dei momenti dell’anno in cui giorno e notte si trovano in perfetto equilibrio (dal latino ‘aequus nox’, l’Equinozio d’autunno segna l’inizio della metà buia dell’anno, mentre quello di primavera la rinascita della luce), ringraziando la dea Flora, un’antica divinità che aveva il sorprendente dono di regolare il risveglio primaverile della natura; gli abitanti di quel pittoresco paesino, avevano grande rispetto della natura, dei suoi ritmi scanditi, come silenziosi e velati passi di una danza cosmica, sia dagli Equinozi che dai Solstizi e che festeggiavano fermandosi ad ammirare la magia di quel risveglio.
Così in quella soleggiata giornata di inizio primavera, Sara decise di trascorrere qualche ora immersa nella natura per raggiungere il bosco dove si trovava la casa del Signor Tino di cui aveva spesso sentito parlare perché veniva da tutti descritto come il saggio del paese a cui le persone si rivolgevano per ottenere consigli o semplicemente per scambiarsi reciproche opinioni o riflessioni.
Saltellando allegramente per le vie del paesino, raggiunse uno stretto sentiero costeggiato da un piccolo ruscello di acqua limpidissima sulla cui riva erano cresciuti foltissimi ciuffi di erba profumata e tante varietà di fiori avevano iniziato ad aprire le loro corolle: violette, margherite, primule, gerbere, gelsomini, camelie e narcisi, donavano al mondo in modo silenzioso, i loro meravigliosi e sgargianti colori, mentre le candide pennellate di colore dei noccioli, dei peschi e dei ciliegi in fiore, rendevano quel sentiero misteriosamente magico; nell’aria si respirava un delicato profumo di nettare e numerosi uccellini, giocando a rincorrersi in un festoso cinguettio, sembravano voler accompagnare Sara fino all’entrata del bosco dove vide, per la prima volta, la casa del Signor Tino che si fermò ad ammirare per qualche minuto: costruita interamente in legno, sorgeva su una piccola collinetta contornata da un ampio e curatissimo giardino con aiuole di fiori colorati e piante rampicanti; bellissimi grappoli di glicini color lilla decoravano l’ampia tettoia di legno di faggio costruita su un lato della casa che terminava in un piccolo laghetto con pesciolini rossi e tartarughe d’acqua.
Sara aveva tanto sentito parlare del Signor Tino, sapeva che faceva il falegname, che abitava all’inizio del bosco con la moglie e che era considerato da tutti il saggio del paese perché, nonostante non avesse potuto studiare, aveva letto tantissimi libri di ogni genere e disciplina e si era creato un’approfondita cultura sia in materie scientifiche che umanistiche: dalla matematica, alla scienza, dalla biologia, all’astronomia, dalla letteratura alla filosofia, fino alla medicina; tutti parlavano di lui come di una persona dotata di un’antica saggezza a cui rivolgersi per chiedere consigli.
Mentre Sara osservava incantata quella casa che sembrava uscita da un libro magico, voltandosi, vide con stupore una casetta costruita su tre robusti e possenti tronchi che sembravano fungere da pilatri naturali, le cui nodose radici sostituivano i plinti di fondazione e avevano lo scopo di diffondere a terra il carico della costruzione stessa; disposta su un unico livello e contornata su tutti i lati da una veranda su cui erano poste delle sedie a dondolo, era immersa in una fittissima vegetazione che sembrava volesse custodirla in un tenero abbraccio; incuriosita, Sara salì la scala che conduceva all’entrata e vide che la porta era aperta, così prese un po’ di coraggio ed entrò: nell’ ampio salotto un grande divano contornava una imponente libreria con libri di ogni genere, mentre al centro della stanza vi erano varie scrivanie con tanti fogli, quaderni, pennarelli di ogni tipo, pastelli a cera e acquerelli coloratissimi con numerosi pennelli di diverse misure, due cavalletti per dipingere e tante tempere di diversi colori; ancora più in là si scorgeva una stanza con spartiti musicali, qualche chitarra, alcuni flauti e un pianoforte; la cosa che maggiormente colpì Sara fu il notare che dalla parte opposta della stanza, vi erano gli stessi mobili e gli stessi oggetti ma tutti in formato più piccolo.
Fu in quel momento che sentì un rumore provenire dalla veranda ed apparve il Signor Tino insieme ad alcuni bambini del paesino che salutarono Sara e le diedero educatamente il benvenuto, invitandola a sedersi per disegnare, leggere, dipingere o suonare uno strumento musicale insieme a loro; Sara accolse con grande gioia l’invito e si mise ad osservare la grande libreria per scegliere un libro da leggere mentre Tino le spiegò che esattamente come la costruzione di un edificio, la casetta sull’albero era stata creata da lui partendo da robuste fondazioni adatte a sostenere l’edificio ma ponendo grande attenzione nel preservare l’incolumità dell’albero e che aveva fabbricato quella casa per permettere a tutti i bambini di quel paesino di ritrovarsi in un luogo sicuro, al riparo dalle intemperie ma anche in contatto con la natura, in cui poter giocare, leggere, dipingere, disegnare, studiare, scrivere o suonare uno strumento musicale esprimendo liberamente la propria creatività non solo tra di loro ma anche in compagnia di altri esseri della natura, come gli gnomi e continuò “Per questo cara Sara ho costruito parte della casa con scrivanie, librerie, tavoli da disegno, spartiti e strumenti musicali più piccoli, proprio per permettere ai bambini di rimanere in compagnia degli gnomi, affinché si conoscano e non vi siano più pregiudizi sulle diversità” e proseguì spiegandole che spesso l’uomo giudica ciò che non conosce o che teme di conoscere, finendo per creare dei pregiudizi difficili da sradicare che sfociano inevitabilmente in allontanamento.
“Invece desidero che i bambini crescano comprendendo quanto sia sbagliato giudicare con pregiudizi e convinzioni infondate, per questo ho creato questa casetta magica sull’albero, dove bambini e gnomi possono conoscersi e comprendere che non vi è nulla di diverso tra di loro, se non un diverso corpo fisico e una diversa altezza, ma nulla di più” spiegò dolcemente a Sara e continuò “Ho costruito e messo a disposizione questa casa magica perché desidero che i bambini crescano con la convinzione di avere la volontà, i mezzi, le abilità e le risorse necessarie per raggiungere i propri obiettivi, qualunque essi siano”.
Continuando ad ascoltare attentamente le parole di quel saggio e particolare Signore, Sara si era seduta sul comodo divano che costeggiava due lati della stanza e dal quale ampie vetrate permettevano di godere di una meravigliosa vista su tutta la vallata in fiore, mentre alcuni bambini avevano iniziato a dipingere sulle bianche tele poste sui cavalletti ed altri suonavano il pianoforte, quando arrivò la moglie del signor Tino, una simpatica signora che aveva preso a cuore quella casa e ne curava ogni dettaglio: dalle coperte fatte a mano per i divani, alle tende ricamate alle finestre, dai bellissimi vasi di fiori che decoravano tutta la veranda, fino alla cura della cucina dove era solita preparare le merende per i bambini.
La Signora salutò tutti i bambini, diede il benvenuto a Sara e si recò in cucina per sfornare una meravigliosa crostata di amarene, che servì su un bellissimo piatto in porcellana bianca decorato a mano, accompagnata da succo d’albicocche e mentre tutti i bambini si avvicinarono per fare merenda, Tino continuò il suo interessante discorso spiegando che “Tutti noi siamo dotati di una miscela di abilità sia intellettuali che emozionali, le emozioni e l’intelligenza non vanno considerate in modo separato come fossero una contraddizione, ma al contrario credo che ogni persona sia in grado di portare l’intelligenza nella sfera delle emozioni; da ciò nasce la consapevolezza che non esiste solo l’intelligenza logico-razionale, ma esiste un arcobaleno di intelligenze che si possono esprimere sotto diverse forme semplicemente riconoscendo un sentimento, riuscendo a gestirlo e a trasmetterlo creando empatia con le altre persone attraverso la scrittura, la musica o la pittura. Se riusciamo a gestire e a riconoscere le emozioni che proviamo utilizzando tutte le nostre intelligenze, potenzieremo le nostre innate abilità riuscendo ad esprimere noi stessi, le nostre intuizioni e la nostra capacità creativa”.
Spiegò a Sara che in quella casetta sull’albero, ogni bambino poteva esprimere se stesso, la sua creatività, le sue emozioni e le sue abilità, senza giudizio e continuò “Esistono critiche che sono costruttive perché si concentrano su ciò che è stato svolto o su ciò che quell’individuo potrà fare, senza però giudicare l’espressione della personalità di chi lo ha svolto; la critica distruttiva invece, ha l’effetto di far perdere la speranza, di far desistere da ogni ulteriore tentativo poiché innesca, in chi l’ha ricevuta, la convinzione che il suo fallimento sia dovuto ad un difetto immodificabile, demotivandolo e demoralizzandolo. Al contrario la critica costruttiva deve servire per aprire la strada alla correzione dell’errore fornendo soluzioni e generando una reazione emotiva positiva che porta l’individuo ad essere ottimista, sensibilizzandolo positivamente su alcune carenze da colmare oppure creando le condizioni giuste affinché esso possa esprimere le capacità di cui non era ancora consapevole; la critica costruttiva facilita l’individuo ad essere incline alla speranza, incoraggiandolo nel raggiungimento dei suoi sogni. Tutti i bambini, se lasciati liberi di esprimere sé stessi e le loro emozioni, utilizzando la loro innata creatività, possiedono la capacità e l’energia di motivarsi e di raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati, a volte modificandoli e altre volte decidendo di frammentarli in tanti piccoli obiettivi da conseguire uno alla volta, ma riuscendo comunque a trovare la strada per arrivare all’obiettivo finale”.
Le parole di quel saggio signore erano talmente interessanti che sembrava fossero passati pochi minuti e invece era giunta l’ora del tramonto, così Tino esortò tutti i bambini ad incamminarsi verso casa invitandoli a ritornare l’indomani per giocare insieme, scrivere, dipingere, disegnare o suonare uno strumento musicale, permettendo al loro istinto di guidare la loro creatività verso l’espressione più vera del loro proprio essere.