Categories Il magico mondo di Sara

Il tempo del silenzio

Il tempo del silenzio

Era un giorno di inizio primavera come tanti altri e Sara si incamminò verso la scuola in compagnia del suo amico Peter, quando diedero a tutti la notizia che da quel giorno la scuola chiudeva per qualche settimana perché nelle città si stava diffondendo un virus che chiamavano “Coronavirus”, pericoloso per gli uomini soprattutto per la rapidità con cui si stava diffondendo; le maestre assegnarono ai bambini i compiti da svolgere in quelle settimane e li fecero tornare tutti a casa. In silenzio e molto perplessi su ciò che gli era stato detto, Sara e Peter tornarono a casa, ma lungo il tragitto si accorsero che tutti gli abitanti erano in strada in attesa di ricevere maggiori informazioni su ciò che stava accadendo.

Dopo qualche ora il Sindaco parlò a tutto il paesino spiegando che nelle città si stava diffondendo un virus molto pericoloso per l’uomo e che lo Stato aveva imposto di rimanere nelle proprie case, di non uscire se non per andare in farmacia, al supermercato a fare la spesa o al lavoro negli uffici o nelle fabbriche, di indossare sempre mascherina e guanti e di stare almeno a un metro e mezzo di distanza gli uni dagli altri, di non darsi la mano e di non abbracciarsi.

Gli abitanti di quel pittoresco paesino, ascoltarono attentamente le parole del Sindaco e, come erano sempre stati abituati a fare, seguirono diligentemente e scrupolosamente le regole, tuttavia non compresero il significato di quelle parole perché in quell’incantevole luogo, la vita continuò a scorrere come sempre e nulla cambiò: non vi erano né fabbriche, né supermercati né farmacie; in una piccola bottega venivano venduti alcuni generi alimentari, gli utensili che servivano per la manutenzione delle case, i libri e tutto l’occorrente per la scuola, mentre nell’antica erboristeria della Signora Gloria venivano preparati i medicamenti che servivano per curare le persone; gli abiti erano confezionati in un’antica sartoria dove abili sarte e magliaie lavoravano con passione. In quell’angolo di paradiso, si viveva di agricoltura e grandi distese di terra erano adibite al pascolo degli animali dai quali ottenevano il loro latte che serviva per preparare gustosissimi formaggi; gli abitanti di quel paese non uccidevano gli animali, non pescavano i pesci e avevano un grande rispetto per ogni genere di essere vivente: fin da piccoli i bambini venivano educati a non raccogliere e a non recidere i fiori ma a rispettarli, imparando ad ammirare il loro splendore con gentilezza.

Ogni abitante cucinava il cibo che consumava, nell’antico mulino ad acqua veniva macinata la farina che serviva per cucinare pane e pasta, mentre i falegnami costruivano tutto l’occorrente per le case e le necessità di tutta la comunità; per avere sempre a disposizione frutta e verdura di stagione ognuno possedeva un appezzamento di terra nel quale coltivava il proprio orto e dove venivano piantati alberi da frutta di ogni genere, dai ciliegi ai limoni, dalle pesce alle mele, dalle albicocche alle nespole, dalle pere alle amarene, dalle noci ai mandorli e noccioli; nei sottoboschi crescevano invece funghi, more, mirtilli e gustose fragoline di bosco che gli abitanti erano soliti raccogliere nella bella stagione e conservare nelle loro cantine per avere a disposizione, nella lunga stagione invernale, buonissime marmellate con cui cucinavano deliziosi dolci, saporitissime conserve di pomodoro, frutta sciroppata, funghi essiccati, castagne e formaggi dal profumo inebriante.

Nessuno in quel magico paesino capì veramente ciò che stava accadendo nelle città, perché non ebbero bisogno di cambiare il loro comportamento o le loro abitudini, non ebbero mai necessità del distacco dagli altri per comprende l’importanza e il valore di un sorriso vero e di un abbraccio sincero, non dovettero mai sperimentare l’assenza di rumore per cogliere la bellezza del silenzio o apprezzare il cinguettio degli uccellini al sorgere e al calare del sole e non dovettero mai sperimentare dentro di sé la vera tristezza per saper cogliere il valore della gioia.

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